Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/60

LXXXIV

Protesta non aver mai detto di amare altra donna.

S’io il dissi mai, che l’onorata fronde,
sacro d’Apollo e glorioso pegno,
sia per me secca e m’abbia il mondo a sdegno
né grazie iniqua dal ciel mi sian seconde;

s’il dissi mai, che in queste torbide onde
ch’io vo d’Amor solcando, il fido segno
del mio corso non veggia, e ’n fragil legno
senza governo orribilmente affonde.

Ma s’io noi dissi, la man bianca e bella,
che dolcemente il cor mi sana e punge,
cinga le tempie mie di verde alloro;

e quanto di felice have ogni stella
sovra me versi; e quei lumi, ch’io adoro,
guidinmi al dolce porto ond’io son lunge.

LXXXV


Crucciato dello sdegno di lei.

Iniquissimo sdegno,

che ’n sul fiorir di mie speranze hai spento
quel ben che sol potea farmi contento,
partiti dal bel petto, amaro sdegno,
ché dal mio sento giá l’alma partire.
Crudel ! d’ogni speranza e ogni desire
m’hai tolto in mezzo e tronco ogni disegno.
Partiti dal bel petto e dal bel volto,
amaro sdegno, e ponmi ove m’hai tolto.
Che s’io ritrovo ancora,
non dico, lieta, ma posata un’ora,
si come io bramo e si come dovrei,
io ne vivrò, dov’or me ne morrei.