Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/53

LXXV

Molte le bellezze e le virtú di lei; felice chi ne sospira.

O fronte, piú che ’l del chiara e serena,
ove due luci, anzi due vaghe stelle
fiammeggian si che fanno invidia a quelle
che la notte girando intorno mena!

O treccia d’oro fin, dolce catena,
da stringer l’alme piú d’amor rubelle!

O pure nevi, o rose sparse in elle!

O sol, che ’l secol nostro rasserena !

O rara e viva fonte d’onestate,
di senno, di costume e di valore,
in cui la nostra etá si specchia e mira !

O d’ogni alta virtute e di beltate
unico esempio e de le donne onore !

Felice chi per voi piange e sospira!

LXXVI


Consolato di un lieto sogno.

Perch’io sia a’ colpi, Amor, di sdegni e d’ire
stato, poi che tuo fui, segno ad ogn’ora,
da te non ebbi mai tranquilla un’ora,
ché ’nvece di pietá doppi ’l martire.

Or, pur a tuo malgrado, in su l’aprire
primo de’ fior, poc’anzi che l’Aurora
con la fronte vermiglia uscisse fòra
di Gange, ho sazio in parte il mio desire:

ché quella il cui bel volto a me mi fura,
dormendo, piú che mai bella ed adorna,
in’ha alzato u’col pensier giunger non oso.

O re de’ sogni, dolce, alto riposo
de le genti egre e stanche, o eterno dura
o almen sovente a consolarmi torna.