Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/52

LXXIII

Sospira di rivederla.

Io aspetto pur quel giorno sospirando,
nel qual comprenda il mio felice stato
e quanto i’ sia tra gli altri ’l piú beato:
cosi passo il mio tempo ardendo, amando.

Dimmi, Amor, tu che ’l sai, ti prego, quando
verrá quel punto tanto desiato,
che, godendo quel ben che m’hai giá dato,
io vada per dolcezza lacrimando?

Verrá quell’ora mai, verrá quel giorno,
che, mirando i begli occhi e ’l dolce riso,
scacci dal petto mio téma e dolore?

Di per me felicissimo ed adorno,
fia mai, mercé del tuo chiaro splendore,
ch’io resti in terra e’l corsia in paradiso?

LXXIV


Forse ad Alessandro Ruffini, men pudico in amore.

Qui dove i lumi bei solean far giorno
a le tue notti e mie, qui dove ’l riso
n’aperse il chiuso ben del paradiso,
veggio ombre oscure, ovunque miro intorno;

ma pur ne l’aria del bel viso adorno,
c’ha me dal mondo e te dal cor diviso,
soavemente col pensier m’affiso,
e con lui piú che mai lieto soggiorno.

Tu no, cui fiamma men pudica il core
arde e consuma, né piacer può quella
bellezza che lontan vede occhio interno;

e credi ghiaccio il mio non vero ardore,
cui piú che ’l velo suo l’alma par bella,
e gioiscon gli spirti nel suo eterno.