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e quivi attender tanto
il suo nimico, che l’arrivi al varco:
80 allor, trattosi l’uno e l’altro guanto
da le mani e inarcando ambe le ciglia,
sol se stessa simiglia
e nessun’altra (e son nel mio dir parco),
ché mai saetta si veloce d’arco
85 uscio né cervo si leggiero o pardo
ch’appo lei non sia tardo;
indi, postogli addosso il fiero ugnone,
lo trae seco prigione
ed alfin, dopo molte e molte offese,
90 è de la preda ai suoi larga e cortese.
Ella è insomma dei gatti la regina,
di tutta la Soria gloria e splendore;
e di tanto valore
che i fíer serpenti qual aquila ancide.
95 Ella, a chius’occhi (oh che grande stupore !)
gli augei, giacendo, prende resupina;
e de la sua rapina
le spoglie opime ai suoi piú car divide,
cosa che mortai occhio mai non vide.
100 Vidila io solo e mi torna anc’a mente
che con essa sovente
faceva grassi e delicati pasti.
Or mi ha i disegni guasti
e tolto non so qual malvagio e rio
105 l’onor di tutto il parentado mio.
Ogni bene, ogni gaudio, ogni mia gioia
portasti teco, man ladra rapace,
quel di che la mia pace
si tacita involasti agli occhi miei:
no da indi in qua ciò ch’io veggio mi spiace
ed ogni altro diletto si m’annoia
che converrá ch’io muoia
forse piú presto assai che non vorrei.
Or per casa giostrando almen di lei
115 qualche tèner gattino mi restasse
che me la riportasse
ne l’andar, ne la voce, al volto, ai panni!