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CXCVIII

Per il rapimento della sua gatta.

Utile a me sopra ogni altro animale,
sopra il bue, sopra l’asino e ’l cavallo
e certo, s’io non fallo,
utile piú, piú grato, assai piú caro
5 che ’l mio muletto, le galline e ’l gallo,

chi mi t’ha tolto? O sorte empia e fatale,
destinata al mio male!
giorno infelice, infausto e sempre amaro
nel qual perdei un pegno, oimè! si caro
io che mi sará cagion d’eterne pene!

Dolce mio caro bene,
animai vago, leggiadretto e gaio,
tu guardia eri al granaio,
al letto, ai panni, a la casa, al mio stato
15 e insieme a tutto quanto il vicinato.

Chi or da le notturne m’assicura
topesche insidie o chi sopra il mio piede
le notti fredde siede?

Giá non sará cantando alcun che chiami,
20 la notte, in varie tempre, piú mercede

attorno a queste abbandonate mura
(oh troppo aspra ventura!)
dei tuoi piú fidi e piú pregiati dami ;
anzi cercando andran dolenti e grami
25 te forse la seconda volta grave.

Dolce del mio cuor chiave,

ch’un tempo mi tenesti in festa e ’n gioco,

or m’hai lasciato in fuoco,

gridando sempre in voce cosi fatta:

30 «Oimè, ch’io ho perduta la mia gatta!»

Anzi ho perduto l’amato tesoro
che mi fea gir tra gli altri cosi altèro
che, s’io vo’ dire il vero,
non conobbi altro piú felice in terra.

35 Or non piú, lasso! ritrovarlo spero

per quantunque si voglia o gemme od oro.
O perpetuo martoro,