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Chi disia d’imparar motti e sentenze,
quest’osteria gentil n’è mastra e scuola,

231 come mastra d’inchini e riverenze.

Chiunque la biasma mente per la gola,
ché non si puote dir in disonore,

234 di costei ch’io vi parlo, una parola.

Mira l’arte, se vuoi, mira il valore,
mira l’ingegno che fa diventare
237 un che non sa dir zappa un oratore.

Ma voglio ornai quest’impresa lasciare
e non star tanto in questa bizzarria,

240 che paia che non abbia altro che fare;

io lascio questa mia lunga pazzia
e lascio queste mie lunghe novelle,

243 lasciando la taverna e l’osteria 1

e gli osti che fan spesso un noncovelle.