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CXCV

A Galeotto degli Oddi.
In lode di noncovelle.

(tra il 1546 e il 1553)

Di lodar noncovelle ho nel pensiero;
ma niente m’infrasca e mi lusinga,
e giá corsi al romor son nulla e zero;

ma questi io gli darei per una stringa;
io vo’ di noncovel fare un guazzetto
e son contento che ciascun v’intinga.

Questo fia cibo a racconciar perfetto
certi nostri svogliati stomacuzzi,
e voi, compare, a questa mensa aspetto.

Forza sará che l’appetito aguzzi
chi di questo si pasce una stemana,
né dirá che la starna o ’l fagian puzzi :

ma, per non fare a la napolitana,
lavatevi le mani e giú sedete,
e non vi paia la vivanda strana.

Io v’ ho promesso di trarvi la sete
e non vo’ch’altri in cortesia m’avanzi:
di nonconvelle un noncovelle arete.

Questo non è soggetto da romanzi,
ma da cervelli astratti e da persone
che tengon sempre l’astrolabio innanzi.

Ma s’io credessi spogliarmi in giubbone,
mi son disposto di mostrarvi in rima
e la sua stirpe e la sua condizione.

Questo è Iratei de la materia prima,
che voi sapete quanto ci è nascosa
e quanto tra’ filosofi si stima.

La sua virtute è ben miracolosa:
noi avem primamente nel vangelo
che Dio di noncovel fece ogni cosa;

dico di noncovel fu fatto il cielo,
di noncovel fu fatto il sole e ’l mondo,
di noncovel fu fatto insino un pelo.