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Quei primi tempi a lei fúr dati, essendo
per voi poi tutto di mia vita il resto.

Alfin, se con tant’uomo io non difendo
il comun fallo, se pur fallo è questo,

Ulisse Achille e non Aiace intendo
che fosse Ulisse a ritrovar giá presto.

Ma che guardiamo a la sua lingua sciocca,
s’ancóra voi di brutte infamie tocca?

D’accusar Palamede a me fu brutto
ed ornamento a voi, greci, il dannarlo?

Ma tant’error è manifesto in tutto;
egli stesso non seppe a voi negarlo,
e quel che contro lui per me fu indutto,
voi veniste con gli occhi a rimirarlo,
e ’l ritrovato argento a provar valse
che non erano in lui l’accuse false.
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In Lenno sol per mia cagion riinaso
manco il buon Filottete esser non penso:
difendete voi stessi il vostro caso,
eh’a questo ognun di voi diede il consenso.
Non nego giá di non l’aver suaso,
perché quetasse il suo dolore intenso:
rimase e vive, ed il successo buono
mostra che fidi i miei consigli sono.
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E perché il buon Calcante a lui ne guida,
sia d’Aiace, non mia questa fatica,
che con qualch’arte o col bel dir conquida
l’alma a voi fatta per furor nimica.

Tornerá indietro Simoenta ed Ida
fia senza frondi ed a voi Troia amica,
prima eh’a’ greci (il saper nostro tolto)
giovi d’Aiace il pigro ingegno e stolto.