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— Se i miei coi vostri mille voti e mille
valean, non fora di litigio tanto
l’erede incerto e noi te, sacro Achille,
e tu le tue buon’armi avresti accanto;
ma, poi che il fato iniquo altrui sortille
(e con la man s’asciugò gli occhi alquanto),
greci, chi può succeder meglio a lui
di quel per cui successe Achille a vui?
24
Or non giovi a costui che in apparenza
sembri, com’è, di mente rozza e grossa,
né sia nociva a me quella prudenza
utile a voi, fin che avrò polpa ed ossa,
e questa mia, se dir posso, eloquenza,
che per voi spesso ed or per me s’è mossa,
sia senz’invidia, e non rifíute alcuno
le proprie doti o ’l suo studio opportuno.
25
Ché il bel legnaggio e gli avi e quel che noi
non abbiam fatto, nostro appena chiamo.

Ma perché Aiace raccontò ch’i suoi
eran discesi da celeste ramo,
da quel medesmo ed altrettanti poi
gradi lungi da Giove ancor noi siamo:
quel fu padre ad Acrisio, e ’l padre mio
fu d’Acrisio figliuol e nipote io.
26
Né or che fosse alcun dannoso o messo
in duro esilio rinfacciar si sente;
ma aggiunge un’altra nobiltate appresso
di Mercurio per madre esser parente:
ma non perciò né perché il padre stesso
sia del fraterno suo sangue innocente,
chiedere ardisco il guiderdon proposto;
ne’ merti sia questo giudizio posto.