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CXLV

In lode del medesimo. (* 547 )

Novello Alcide, a cui fregia le chiome
oro non sol, ma vera gloria e salda,
ché tant’oltre non corre ’l sole o scalda
quant’hai disteso ornai l’impero e’1 nome.

tu col tuo corso hai dimostrato come
bagna Etiopia in mar l’ampia sua falda,
tu con l’industria al bene oprar si calda,
hai fieri mostri e nuove genti dome,
e ciò che sparge il ricco grembo e cela
d’Arabi, Persi ed Indi al nostro lido
la felice Argo tua porta e rivela.

Or di buone arti adorni ’l tuo bel nido;
e fia gran senno, ché non remo o vela,
ma gl’inchiostri dar ponilo eterno grido.

CXLVI


A Ottavio Farnese,

cui spera restauratore della sua Perugia.
«

\.1CUV.Ulu.x.

Tal giá coperta di mine e d’erba
vinta si giacque e del suo stato in forse,
quando la mano il vincitor le porse
e piú adorna levolla e piú superba;

onde, in memoria de la piaga acerba
e de l’alta pietá ch’a lei soccorse,
il nome augusto, che tant’oltre corse,
ne la rugosa fronte ancor riserba.

Ma se per voi, cui nuovo Ottavio accenna
la patria e ’l nome e la fortuna e ’l sangue,
costei risorge a la sua prima altezza,
nel cor dei figli con perpetua penna
lascerá scritto: — Il mio giá corpo esangue
quei campò in gioventú, questi in vecchiezza.