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Ma di ciò serba alto vestigio impresso
nel fondo suo quel cupo orgoglio e queto;
però gli sdegni saran pronti e spesso
ti sará tolto il parlar dolce e lieto.

Oh quante volte andrai fuor di te stesso
nel piú riposto bosco e piú secreto!
e quivi, aprendo al gran dolor le porte,
scioglierai queste voci afflitte e morte:
25
«Nulla te muove il suon de’ miei lamenti,
o crudo Alessi, e del mio mal non curi:
de le mie rime ai liquidi concenti
chiudi l’orecchie e’l cor qual aspe induri:
giá mille notti e piú, triste e dolenti,
giá mille giorni, piú che notte oscuri,
te solo amando e sospirando, ho corso,
né ritrovo al mio male alcun soccorso.
26
Qual novo strazio, oimè - ! qual novo schermo
piú di patir, piú di tentar mi resta?

Tutto ho sofferto, amando: il core infermo
non trova scampo in quella parte o in questa.
Come percuote pino in alpe fermo
or la pioggia ora il vento or la tempesta,
cosi provo io repulse, ingiurie e scherni
del mio saldo pensier nimici eterni.
27
Che spero ornai? che tua durezza muova,
se tanta mia costanza e tanta fede,
tanta umiltade e tanto amor non giova,
non si lungo servir senza mercede
né d’aver móstro ornai piú d’una prova?
Ch’altro a te fine il mio desir non chiede
che i tuoi detti soavi e gli occhi santi,
ultima speme de’ cortesi amanti.