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Ma, lasciando ’l buon mago il nostro colle
per rivedere ’l campo di Quirino,
il cor, che dianzi fu tenero e molle,
tornerá piú che prima adamantino:
l’ira, lo sdegno e l’odio in lui giá bolle,
né può P incanto vincere ’l destino;
e tutto ’l mal che dá sotto la luna
irato Amor tra sé voi ve e raguna.
21
Per lui vedrai come si voli in cielo,
come in un punto si trabocchi al basso;
saprai come un cor arda in mezzo al gelo,
come un uom si trasformi in freddo sasso;
saprai com’esca velenoso ’l telo
da ingrata man ch’a mercé chiuda ’l passo,
e con lungo sudore e lungo stento
mieter gli stecchi e stringer l’ombre e ’l vento.
22
Tu sentirai cangiar tosto in amaro
quel prima dolce e mansueto stile:
il conversar d’ogni pastor gli è caro;
solo il tuo sprezza e tiene indegno e vile.

Ogni arte senza frutto, ogni riparo
tenti, ed inchini or questo or quello umile,
e ti convien passar tra ortiche e dumi
e spesso rinnovar genti e costumi.
23
Veggio che dietro al desir vano e cieco,
si come Aglauro, sei converso in pietra,
perché ardisci mirar nel chiuso speco,
dove, l’arco deposto e la faretra,
si giace Alessi e ’l bello Aminta ha seco;
veggio ch’alfín per te mercede impetra
Caracciol tuo, ch’ogni dur’alma affrena
col canto che gli die’ la sua sirena.