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XXXII

Solo inteso alla bellezza impareggiabile della sua donna.

Spieghi pur altri in queste carte e ’n quelle
gli altrui difetti e d’aretin veleno
tinga la lingua e non ritenga il freno
stato né grado a le voglie empie e fèlle;

che io sol disio le parti uniche e belle
onde madonna il volto adorna e ’l seno,
pinger cantando; ma per dirne a pieno
chiamo Apollo in aiuto e le sorelle.

— Scrivi — rispondon tutti — in lettre d’oro:
«Non veggio in terra a la tua donna eguale,
né soggetto piú degno ha il nostro coro». —
Io che do lor credenza, e parmi tale,
le sue divine qualitadi adoro
né qua giú d’altro piú mi giova o cale.

XXXIII


Dolce, per lei, ogni pena.

Quando vider si bella, alta cagione,
consentir tutti i sensi al mio gran male:
il desir fu presente, e la ragione
fermollo, alzando al vostro lume l’ale;
la memoria lo scrisse, e fui prigione,
e di mia libertá nulla mi cale:
ma che non sono, oimè! tacendo inteso!
pur il tutto per voi m’è dolce peso.