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106 tommasina guidi.

dall’emicrania sofferta, scambiò poche parole, accennò con impazienza alla scortesia di suo marito che si faceva aspettare, e sollevò la tenda cadente dinanzi alla porta. La passeggiata dal casino alla città non era breve; i pubblici giardini erano deserti in quell’ora, il sereno del cielo, l’aria profumata, eran tanti nemici che congiuravano contro Paolina.

La Rigotti le si accostò:

— Vi ringrazio, disse, della gentile ospitalità che mi avete concessa, e vi auguro che siate sempre felice.

Mentre Cecilia parlava ad occhi bassi, tenendo in mano una piccola borsa e l’ombrello, Paolina la considerava dal capo alle piante, radunando in cima al pensiero i torti mai cancellati della Rigotti; le provocazioni della finestra, le smanie di essere veduta, l’incontro su la scala, l’incidente del micino bianco... e sentiva un estremo bisogno di piangere.

L’avvocato era sceso; si partiva.

— Ma perchè, esclamò Paolina con impeto,