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noso. Vi si trova il cristallo di rocca entro le venature del macigno, e in queste adiacenze sono la silice cornea, la silice focaia ed altre pietre quarzose.

Le mura più alte del Castel di Sambuca fino da pochi anni si vedevan merlate. La sua torre pentagona di che resta appena una terza parte, in mezzo alla rôcca di cinta essa pure diruta, si elevava gigante. Altre due torri, si può dire, la traguardavano dai poggi d’intorno. A ponente la così detta torraccia; e un’altra a levante sul monte detto alla tosa, perchè senza un fil d’erba. Erano esse nel medio evo altrettanti telegrafi, che dal castello corrispondevano con altre sulle cime dei monti, o con fuochi o con fumo, fino a Pistoia. Aveva il castello su in alto due porte, l’una a ponente, detta la pistoiese; l’altra a greco, la bolognese; e questa faceva capo giù a Pavana, indi a Porretta, e via oltre fino a Bologna. Più in basso, a mezzodì del castello, siede, presso un’antica fonte detta del prato fiorito, una chiesetta sacra alla Beata Vergine del Giglio e una casa di povere donne, che, secondo la istituzione di Rosalia Ortari, bolognese, venutavi con altre, e datasi alla istruzione di queste popolazioni, fanno pubblica scuola giornaliera a oltre cento bambine, e ad alcune altre che ricevono a convitto.

Ripresa in basso la via provinciale per la stretta valle della Limentra, il viaggiatore lascia a sinistra su gli alti monti il paese di Badi, e più interna-