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cqua dai fiumi della provincia permette nell’agro inferiore le colture foraggiere, ed anche la risaja; ma la mezzadria e le siccità troppo frequenti si danno la mano per rendere quasi impossibile una larga applicazione di queste vantaggiose colture.
Dove le terre sono profonde e l’acqua manca interamente, come nel territorio dell’Isola (fra l’Adda ed il Brembo) non si conosce l’aratro. Qui i campicelli sono divisi fra numerosi mezzanti di braccio che non hanno bestie da lavoro: questi s’accontentano di 2 a 4 Ettari e li rendono feracissimi in cereale adoperando la punta d’oro delle proprie pesantissime vanghe.
La vanga si diffonde ora in tutta la zona pedemontana; la moltiplicazione dei pani, e qui diremo, della polenta, non si opera altrimenti in bergamasca, che dissodando colla vanga i terreni, che vi si prestano. Dove entrano le ghiaje delle antiche alluvioni fluviali si vanno però introducendo buoni aratri di costruzione razionale.
La farina del melicone bergamasco è conosciuta a Milano per la sua bellezza, fragranza e salubrità, qualità certamente dovute alla terra ed all’aria: essa non basta però all’interno consumo del paese il quale difetta pure di grano per quanto perfetta e rimuneratrice ne sia in alcuna parte la coltivazione.