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e’ viniziani lo sopratenessino almeno tanto tempo che le cose ci Italia lussino un poco piú assodate. Non vollono e’ viniziani farne nulla; e però partitosi de’ terreni loro, stando Italia sospesa di quello avessi a fare, roppe guerra a’ sanesi sotto pretesto di conti vecchi avevano col padre Niccolò Piccinino; ma risentendosene e’ signori della lega e massime el papa ed el duca Francesco che mandorono gran numero di gente in soccorso de’ sanesi, fu tanto stretto che per non avere luogo dove ridursi era necessario si spacciassi; se non che el re Alfonso, mandatogli alcune galee, lo ridusse salvo con le sue gente nel reame; di che si vedde che quel che aveva fatto era stato di consentimento del re, el quale era inquietissimo e non poteva vivere in pace. Seguitò poi che el re roppe guerra a’ genovesi, e mandò, credo, el conte Iacopo in Romagna a’ danni de’ Malatesti che a sua contemplazione erano fuori delia lega universale.

Ne’ quali tempi trovandosi ancora e’ sanesi in molta disunione e faccendosi ogni di fuorusciti, la cittá stava in gran sospetto e paura del re, che ancora teneva le mani ne’ casi di Piombino, dubitando che se acquistava la oportunitá di alcuno di quegli luoghi, sendo naturalmente tanto ambizioso ed inquieto, questa vicinitá non mettessi la cittá in qualche grave pericolo. Aggiugnevasi che nella cittá era disunione grande e molti malcontenti e cupidi di cose nuove; di che el governo presente non era gagliardo come soleva, anzi pareva indebolito, e però e’ cittadini dello stato si risolvevano, per ovviare a’ pericoli e sicurare lo stato, che come avessino uno gonfaloniere di giustizia a loro proposito, fussi da purgare la cittá di umori cattivi. A Cosimo non pareva, ed ancora Neri, che poco poi mori, era di medesima opinione, giudicando forse che rispetto agli andamenti del re ed e’ sospetti di fuora, non fussi bene accrescere travagli alla cittá. E stando le cose in questi termini, nel 1457 el re, che era tutto vólto alla espugnazione di Genova, si mori, lasciato el regno a don Ferrando suo unico figliuolo non legittimo; di che posati e’ tumulti e pericoli di fuora, Cosimo si risenti e