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libro decimosettimo - cap. xiii 81

fatto di strignere Milano con due eserciti. Dette anche qualche disturbo che il duca d’Urbino, fatto che ebbe l’accordo con quegli di Cremona, non aspettata la consegnazione andò in mantovano, ancora che giá sapesse la tregua fatta a Roma, a vedere la moglie; e avendo consentito alle genti che erano in Cremona prorogazione di tempo a partirsi, aspettò la partita loro intorno a Cremona tanto tempo che non fu allo esercito prima che a mezzo il mese di ottobre, con gravissimo detrimento di tutte le faccende; perché si trattava di mandare gente a Genova, ricercate piú che mai da Pietro Navarra e dal proveditore dell’armata viniziana, ed essendo nello esercito, ricongiunte vi fussino le genti viniziane, tante forze che bastavano a fare questo effetto senza partirsi di quello alloggiamento. Perché e col marchese di Saluzzo erano venute cinquecento lancie e quattromila fanti, e vi si aspettavano di giorno in giorno i duemila fanti grigioni condotti per l’accordo che si fece con loro; e il pontefice, ancora che facesse palese dimostrazione di volere osservare la tregua, nondimeno, avendo occultamente diversa intenzione, aveva lasciato nello esercito quattromila fanti sotto Giovanni de’ Medici, sotto pretesto che fussino pagati dal re di Francia: scusa che aveva apparente colore, perché Giovanni de’ Medici era continuamente soldato del re, e sotto suo nome riteneva la compagnia delle genti d’arme. Partironsi finalmente le genti di Cremona, della quale cittá fu consegnata la possessione a Francesco Sforza; e i tedeschi col capitano Curadino se ne andorono alla volta di Trento: ma i cavalli e i fanti spagnuoli, avendo passato Po per tornarsene nel regno di Napoli, ed essendo fatta loro qualche difficoltá dal luogotenente di concedere le patenti e i salvocondotti sufficienti (perché era molesto al pontefice che andassino a Napoli), preso allo improviso il cammino per la montagna di Parma e di Piacenza, e dipoi ripassato con celeritá il Po alla Chiarella, si condussono salvi nella Lomellina e dipoi a Milano. Né solo partí dalle mura di Milano, per l’osservanza della tregua, il luogotenente con le genti del pontefice, ma eziandio si discostò da Genova