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era confortato da molti de’ suoi, di andare nel regno di Napoli, e cosí dimorare piú tempo in Italia: il che era anche contro alla mente di Cesare, desideroso di andarsene in Spagna, e per altre ragioni; ma principalmente per desiderio di procreare figliuoli, essendovi restata la moglie. Però l’uno e l’altro di loro convenneno, alla fine dell’anno, in Bologna, dove tra loro furono servate le medesime dimostrazioni di amore e la medesima dimestichezza che era stata usata l’altra volta. Ma non erano piú corrispondenti gli animi, come era stato allora, nelle negoziazioni. Perché Cesare desiderava, per quiete e sodisfazione di Germania, sommamente il concilio; instava di volere dissolvere l’esercito, grave e a lui e agli altri, ma, per poterlo fare sicuramente, che si rinnovasse l’ultima lega fatta in Bologna per includervi dentro ognuno, e per tassare le quantitá de’ denari in che ciascuno avesse a contribuire, se Italia fusse assaltata da’ franzesi; desiderava anche che Caterina nipote del papa si maritasse a Francesco Sforza, sí per necessitare piú il papa a attendere alla conservazione di quello stato, sí per interrompere la pratica del parentado che si era trattato col re di Francia. Delle quali cose nessuna piaceva al pontefice: perché il confederarsi era contrario al desiderio suo di mantenersi il piú poteva neutrale tra i príncipi cristiani, dubitando e degli altri pericoli e specialmente che il re di Francia, essendone massime istigato tanto dal re di Inghilterra, non gli levasse l’ubbidienza; il concilio, per l’antiche cagioni, gli era molestissimo; né gli piaceva il parentado col duca di Milano, per non pigliare quasi una aperta inimicizia col re di Francia, e perché ardeva di desiderio di congiugnere la nipote al secondogenito del re.

Trattossi di queste materie, principalmente quella della confederazione; alla quale pratica, di piú mesi, furono diputati, per la parte di Cesare, Cuovos comandatore maggiore di Leone, Granvela e Prata, suoi principali consiglieri, e per la parte del papa il cardinale de’ Medici, Iacopo Salviati e il Guicciardino: i quali, non negando la confederazione (perché era uno scoprire troppo la intenzione del pontefice e dare causa