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libro decimonono - cap. xii 269

capitano generale, che venisse con le sue genti, come era obligato loro. Il quale, benché avesse accettato i danari mandatigli per soldare mille fanti, deputati, quando cavalcava, per guardia sua, nondimeno, anteponendo il padre le considerazioni dello stato alla fede, recusò di andare, non restituiti anche i danari, benché mandò i suoi cavalli: donde i fiorentini gli disdissono il beneplacito del secondo anno.

Ma giá il principe di Oranges, il decimonono dí di agosto, era a Terni e i tedeschi a Fuligno, dove si faceva la massa: essendo cosa ridicola che, essendo fatta e publicata la pace tra Cesare e il re di Francia, il vescovo di Tarba, come imbasciadore del re a Vinegia a Ferrara a Firenze e a Perugia, magnificasse le provisioni potentissime del re alla guerra, e confortasse loro a fare il medesimo. Venne dipoi il principe, con seimila fanti tra tedeschi e italiani, a campo a Spelle: dove, appresentandosi con molti cavalli alla terra per riconoscere il sito, fu ferito in una coscia da quegli di dentro Giovanni d’Urbina, che, esercitato in lunga milizia di Italia, teneva il principato tra tutti i capitani di fanti spagnuoli; della quale ferita morí in pochi dí, con grave danno dello esercito, perché per consiglio suo si reggeva quasi tutta la guerra. Piantoronsi poi l’artiglierie a Spelle, dove, sotto Lione Baglione, fratello naturale di Malatesta, erano piú di cinquecento fanti e venti cavalli: ma essendosi battuto pochi colpi a una torre che era fuora della terra a canto alle mura, quegli di dentro, ancora che Lione avesse dato a Malatesta speranza grande della difesa, si arrenderono subito, con patto che la terra e gli uomini suoi restassino a discrezione del principe, i soldati, salve le persone e le robbe che potessino portare addosso, uscissino con le spade solo, né potessino per tre mesi servire contro al pontefice o contro a Cesare; ma nell’uscire furono quasi tutti svaligiati. Fu imputato di questo accordo non mediocremente Giovanbatista Borghesi fuoruscito sanese, che avendo cominciato a trattare con Fabio Petrucci, il quale era nello esercito, gli dette la perfezione con aiuto degli altri capitani: il che Malatesta attribuiva a infedeltá, molti altri a viltá di animo.