Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/274

268 storia d'italia

fidenza che soleva essere tra i pontefici e gl’imperadori, fusse molesta la sua grandezza, e però avesse a desiderare che e’ non aggiugnesse alla potenza della Chiesa l’autoritá e le forze dello stato di Firenze. Dispiacque molto a’ viniziani che, essendo i fiorentini collegati con loro, avessino eletto al comune inimico, senza loro partecipazione, imbasciadori; e se ne lamentò anche il duca di Ferrara, benché seguitando l’esempio loro, ve ne mandò anche egli subitamente; e i viniziani consentirono al duca di Milano che facesse il medesimo: il quale, molto innanzi, aveva tenuto occultamente pratica col pontefice perché lo accordasse con Cesare, conoscendo, eziandio innanzi alla rotta di San Polo, potere sperare poco nel re di Francia e de’ viniziani.

Fece Cesare sbarcare i fanti spagnuoli che aveva condotti seco a Savona, e gli voltò in Lombardia, perché Antonio de Leva uscisse potente in campagna; e aveva offerto di sbarcargli alla Spezie per mandargli in Toscana. Ma al pontefice, per la impressione che si aveva fatto, non parveno necessarie tante forze, desiderando massime, per conservazione del paese, non volgere senza bisogno tanto impeto contro a quella cittá. Contro alla quale e contro a Malatesta Baglione giá procedendo scopertamente, fece ritenere nelle terre della Chiesa il cavaliere Sperello; il quale, spedito con danari, innanzi alla capitolazione fatta a Cambrai, dal re di Francia (il quale aveva ratificata la sua condotta), ritornava a Perugia. Fece anche ritenere, appresso a Bracciano, i danari mandati da’ fiorentini allo abate di Farfa, condotto da loro con dugento cavalli, perché soldasse mille fanti; ma fu necessitato presto a restituirgli, perché avendo il pontefice deputati legati a Cesare i cardinali Farnese, Santa Croce e Medici, e passando quello di Santa Croce, l’abate avendolo fatto ritenere, non lo volle liberare se prima non riaveva i danari. Ma i fiorentini continuavano nelle loro preparazioni, avendo invano tentato con Cesare che, insino che avesse udito gli imbasciadori loro, si fermassino l’armi. Ricercorono don Ercole da Esti, primogenito del duca di Ferrara, condotto da loro sei mesi innanzi per