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libro decimonono - cap. viii 247

sarebbe stato almeno implicato l’esercito cesareo alla difesa delle cose proprie. Ma non potevano finalmente genti tumultuarie e collettizie, e senza soccorso o rinfrescamento alcuno (perché soli i fiorentini davano a Renzo qualche sussidio), fare cose di momento grande (anzi il duca di Ferrara denegò a Renzo di mandargli per mare quattro pezzi di artiglierie); perché in Barletta cominciava a mancare frumento e danari; e circa secento rebelli assediati dal viceré della provincia in Monte Lione, necessitati ad arrendersi per non avere né munizioni né vettovaglie, furno condotti prigioni a Napoli. Andorono dipoi il principe di Melfi con l’armate, e Federico Caraffa per terra, a campo a Malfetta, terra giá del principe; dove Federico combattendo fu ammazzato da uno sasso: donde il principe sdegnato, sforzata la terra, la saccheggiò. Simile infortunio accadde a Simone Romano: perché essendo l’armata viniziana, la quale da Cavo di Otranto infestava tutto il paese, accostatasi a Brindisi, e poste genti in terra, dove anche era Simone Romano, occuporono la cittá; ma combattendo la rocca, Simone fu morto di una artiglieria.


VIII

Fazioni di guerra in Lombardia; accordi fra i collegati; arrivo di fanti spagnuoli dal genovese ad Antonio de Leva. Aspirazioni del pontefice su Perugia; timori di Malatesta Baglione e suoi accordi coi fiorentini e coi francesi. Intrighi del pontefice contro il duca di Ferrara. Il pontefice fa bruciare la bolla con cui accordava il divorzio al re d’Inghilterra; disgrazia e morte del cardinale eboracense.

Ma in Lombardia, di marzo, San Polo prese per forza Serravalle, e la fortezza si accordò di stare neutrale. Ma essendovi gli inimici rientrati di notte di furto, si temeva non potere piú impedire agli spagnuoli il cammino per Milano, massime che ogni dí gli diminuivano le genti per mancamento di denari; avendone pochi dal re, e di quegli, come capitano di pochissimo governo, spendendone una parte per sé (che