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libro decimottavo- cap. xiv 173

quel cardinale, elatissimo e ventosissimo per natura, aiutò prontamente la liberazione; credendo fusse cosí facile al pontefice, liberato, dimenticarsi di tante ingiurie come facilmente gli aveva, prigione, raccomandato umilissimamente con prieghi e con lacrime la sua liberazione. Alleggerí in qualche parte le difficoltá la nuova commissione di Cesare, il quale instava che il pontefice si liberasse con piú sodisfazione sua che fusse possibile: soggiugnendo bastargli che, liberato, non aderisse piú a’ collegati che a lui. Ma si crede giovasse piú che alcuna altra cosa la necessitá che avevano, per il timore della venuta di Lautrech, di condurre quello esercito alla difesa del reame di Napoli; cosa impossibile se prima non era assicurato degli stipendi decorsi, in ricompenso de’ quali recusavano ammettere tante prede e tanti guadagni fatti nel tempo medesimo. Questa necessitá del provedere a’ pagamenti fu anche cagione che manco si pensasse allo assicurarsi, per il tempo futuro, del pontefice.

Conchiusesi finalmente, credo l’ultimo dí di ottobre dopo lunga pratica, la concordia in Roma col generale e con Serone in nome di don Ugo, che poi ratificò: non avversasse il papa a Cesare nelle cose di Milano e di Napoli; concedessegli la crociata in Spagna, e una decima delle entrate ecclesiastiche in tutti i suoi regni; rimanessino, per sicurtá della osservanza, in mano di Cesare Ostia e Civitavecchia, stata prima rilasciata da Andrea Doria; consegnassegli Civita Castellana, la quale terra, essendo entrato nella rocca per commissione secretissima del pontefice, benché simulasse il contrario, Mario Perusco procuratore fiscale, aveva ricusato di ammettere gli imperiali; consegnassegli eziandio la rocca di Furlí, e per statichi Ippolito e Alessandro suoi nipoti, e insino a tanto venissino a Parma, i cardinali Pisano, Triulzio e Gaddi, che furono condotti da loro nel regno di Napoli; pagasse subito a’ tedeschi credo ducati sessantasettemila, agli spagnuoli trentacinquemila, con questo che lo lasciassino libero con tutti i cardinali, e uscissinsi di Roma e del Castello, chiamandosi libero ogni volta fusse condotto salvo in Orvieto, Spoleto o Perugia; e fra