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con assenso tacito di Ramazzotto e col seguito della fazione de’ Bentivogli, non senza difficoltá si conservò nella ubbidienza della sedia apostolica); e, quel che non importò forse meno, dettono spazio al re di Francia di mandare esercito potentissimo in Italia, con pericolo grandissimo che Cesare, dopo avere acquistata tanta vittoria, non perdesse il reame napoletano.

Perché indirizzandosi in Francia le cose a provisioni di nuova guerra, si era conchiusa, il vigesimoquarto dí di aprile, la confederazione trattata molti mesi tra il re di Francia e il re di Inghilterra, con condizione: che la figliuola di Inghilterra si maritasse al re di Francia o al duca di Orliens suo secondo genito, e che nello abboccamento de’ due re, disegnato di farsi alla Pentecoste tra Cales e Bologna, convenissino a chi di loro due si avesse a dare; rinunziasse il re di Inghilterra al titolo del regno di Francia, ricevendo in ricompensa una pensione di cinquantamila ducati l’anno; entrasse nella lega fatta a Roma, obligandosi a muovere, per tutto luglio prossimo, la guerra a Cesare di lá da’ monti con novemila fanti, e il re di Francia con diciottomila e con numero di lance e di artiglierie conveniente; e che in questo mezzo mandassino, l’uno e l’altro di loro, oratori a Cesare a intimargli la confederazione fatta, a ricercargli la liberazione de’ figli, e lo entrare nella pace con oneste condizioni, e in caso non accettasse infra uno mese, protestargli la guerra e dargli principio: e fatto questo accordo, il re di Inghilterra entrò subito nella lega; ed egli e il re di Francia mandorono in poste due uomini a fare le intimazioni convenute a Cesare. I quali atti si feciono con piú prontezza per Tarba e per l’oratore anglo, andati in poste, che non si erano fatti per commissione del pontefice; perché Baldassarre da Castiglione nunzio suo, dicendo non essere da esacerbare tanto l’animo di Cesare, aveva recusato che se gli protestasse la guerra. Ma dipoi, avuto in Francia l’avviso della perdita di Roma, temperandosi il dispiacere minore del caso del pontefice con l’allegrezza maggiore della morte di Borbone, non parendo al re da la-