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libro decimottavo- cap. iv 119

nondimeno si ritraeva per cosa piú certa avere in animo di passare in Toscana per la via del Sasso; e il medesimo confermava Ieronimo Morone il quale, giá molti dí, teneva segreta pratica col marchese di Saluzzo, benché, a giudizio di molti, simulatamente e con fraude. Ma giá avendo statuito dovere partire a’ quattordici dí di marzo, e perciò rimandato al Bondino i quattro cannoni il dí precedente, i fanti tedeschi, delusi da varie promesse de’ pagamenti e seguitati poi da’ fanti spagnuoli, gridando denari, si ammutinorono con grandissimo tumulto, e con pericolo non mediocre della vita di Borbone se non fusse stato sollecito a fuggirsi occultamente del suo alloggiamento; dove concorsi lo svaligiorno, ammazzatovi uno suo gentiluomo: per il che il marchese del Vasto andò subito a Ferrara, donde tornò con qualche somma, benché piccola, di denari. E sopravenne, a’ diciasette dí neve e acqua smisurata, in modo che era impossibile che per la grossezza de’ fiumi e per le male strade l’esercito per qualche dí camminasse; e uno accidente di apoplessia sopravenuto al capitano Giorgio lo condusse quasi alla morte con maggiore speranza che non fu poi il successo che, avendo almeno a restare inutile a seguitare il campo i fanti tedeschi, per la partita sua, non avessino a sopportare piú le incomoditá e il mancamento de’ denari. Erano in questo tempo le genti de’ viniziani a San Faustino presso a Rubiera: alle quali arrivò, il decimo ottavo dí di [marzo] il duca di Urbino; promettendo, secondo l’uso suo, al senato viniziano, quando era lontano dal pericolo, la vittoria quasi certa, non perciò per virtú dell’armi de’ confederati ma per le difficoltá degli inimici.