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libro decimottavo- cap. iii 109

gli ecclesiastici gli spignessino dietro i cavalli leggieri, che preseno delle bagaglie e qualche prigione di poco conto, non furono a tempo a fargli danno notabile. Lasciò nondimeno addietro qualche munizione, e si ritirò a Cesano e di quivi a Cepperano.


III

Deliberazione dei collegati di assalire il regno di Napoli. Princípi dell’impresa; irresoluzione del pontefice; azioni dell’armata dei veneziani contro la Campania e dell’esercito negli Abruzzi. Ragioni per cui non procede l’impresa contro il regno di Napoli.

Per la ritirata del quale, il papa, preso animo e stimolato dagli imbasciadori de’ confederati a’ quali non poteva sodisfare altrimenti, si risolvé a fare la impresa del regno di Napoli. Perché e Robadanges, che aveva portato i diecimila ducati per conto della decima e i diecimila per conto di Renzo, aveva commissione non si spendessino senza consentimento di Alberto Pio, di Renzo e di Langes, e in caso fussino sicuri che il pontefice non si accordasse; e i viniziani, a’ quali era andato maestro Rossello per indurgli ad accettare la tregua proposta dal viceré e approvata dal papa (ma per essersi in cammino rotto una gamba aveva mandato lo spaccio), risposeno non volere fare la tregua senza la volontá del re di Francia, con tanto maggiore animo quanto si intendeva le cose di Genova essere ridotte in grandissima estremitá di vettovaglie. Deliberossi adunque di assaltare il regno di Napoli con lo esercito per terra, e che per mare andasse l’armata con Valdemonte che levasse dumila fanti; ma Renzo, secondo la deliberazione del quale si spendevano i danari del re di Francia, deliberò, contro alla volontá del pontefice (al quale pareva che tutte le forze si volgessino in uno luogo medesimo) di fare seimila fanti per entrare nello Abruzzi, sperando che per mezzo de’ figlioli del conte di Montorio, mandativi