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di essere prima sodisfatti degli stipendi corsi insino a quello dí. Promessono finalmente di seguitare la volontá del duca, ricevute prima da lui cinque paghe: ma era molto difficile il farne provisione, non bastando né i minacci né il votare delle case né le carceri a riscuotere danari da’ milanesi: dove anche, per nutrire l’esercito, erano citati gli assenti, e i beni di quelli che non comparivano erano donati a’ soldati. Finalmente, superate tutte le difficoltá, passorno le genti imperiali, il penultimo dí di gennaio, il fiume del Po, e il seguente dí una parte de’ tedeschi, i quali prima avevano passata la Trebbia, ripassatala, andorono ad alloggiare a Pontenuro; il resto dell’esercito si fermò di lá da Piacenza: essendo allo incontro il marchese di Saluzzo a Parma, e con tutte le genti distese per il paese. E il duca di Urbino, venuto a Casalmaggiore (avendo i viniziani rimesso in arbitrio suo il passare Po), cominciava a fare passare le genti; affermando, in caso che gli imperiali andassino, come da Milano si aveva avvisi, alla volta di Toscana, di volere passare in persona con seicento uomini d’arme novemila fanti e cinquecento cavalli leggieri, ed essere prima di loro a Bologna; e che il simile facesse, con la sua gente e con quella della Chiesa, il marchese di Saluzzo. Soprastette l’esercito imperiale circa venti dí, parte di qua parte di lá da Piacenza, sopratenendolo in parte la difficoltá de’ denari (de’ quali insino a quel dí non avevano i tedeschi avuto alcuno dal duca di Borbone) parte l’avere egli inclinazione di porsi a campo a Piacenza, forse piú per le difficoltá del procedere innanzi che per altra cagione. Però instava col duca di Ferrara che lo accomodasse di polvere per l’artiglierie e che venisse a congiugnersi seco, offerendo mandargli incontro cinquecento uomini d’arme e il capitano Giorgio con seimila fanti. Alla quale dimanda rispose il duca essere impossibile mandargli la polvere per il paese inimico, né potere senza pericolo tentare di unirsi seco per essere tutte le genti della lega in luogo vicino; ma quando tutte queste cose fussino facili, dovere considerare, Borbone, non potere fare cosa piú comoda agli inimici e piú desiderata da loro che attendere a