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III

Lamentele del pontefice per i fatti di Reggio ed aperti suoi accordi con Cesare. Fallito tentativo contro Como. Preparativi e piani di guerra contro il ducato di Milano. Preparativi di difesa del re di Francia.

Ma il pontefice, come gli fu nota la venuta dello Scudo alle porte di Reggio, pigliandola per occasione di giustificare le sue azioni, se ne lamentò gravissimamente nel concistorio de’ cardinali; e tacendo la confederazione giá prima fatta secretamente con Cesare, e l’ordine dato che le galee dell’uno e dell’altro assaltassino Genova, dimostrò che lo avere voluto lo Scudo occupare Reggio significava la mala disposizione che aveva il re di Francia contro allo stato della sedia apostolica, e però essere, per difesa di quella, necessitato a congiugnersi con Cesare, del quale non si era mai veduto se non offici degni di principe cristiano, e in tutte l’altre opere sue, e nello avere ultimamente preso a Vuormazia sí ardentemente il patrocinio della religione. Cosí, simulando contrarre di nuovo, con don Gian Manuelle oratore di Cesare, la confederazione che prima era contratta, chiamorno subito a Roma Prospero Colonna, al quale era stabilito di commettere il governo della impresa, per consultare seco con che modo e con che forze si avesse a muovere l’armi apertamente, poiché erano state infelici le insidie e gli assalti improvisi.

Imperocché, né era stato piú fortunato il trattato di Como. Perché essendo Manfredi Palavicino e il Matto di Brinzi, con ottocento fanti tra italiani e tedeschi, accostatisi di notte alle mura di Como, sotto speranza che Antonio Rusco, cittadino di quella cittá, rompesse tanto muro vicino alla casa ove abitava che avessino facoltá di entrare nella terra, dove, perché vi erano pochi franzesi, non credevano trovare resistenza, ma avendo aspettato per grande spazio di tempo invano, il governatore della terra, adunati tutti i franzesi e alquanti comaschi che teneva per piú fedeli, ma con numero molto minore