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opinione di molti e contro la intenzione che avevano data, l’amicizia di Cesare, abbracciorono la congiunzione col re di Francia, obligandosi a concedere agli stipendi suoi quanti fanti volesse, a qualunque impresa, e di non ne concedere ad alcuno altro per usargli a offesa di quello re.

Restava la esecuzione della capitolazione fatta a Roma tra il pontefice e lui: della quale essendogli ricercata la ratificazione, cominciò a stare sospeso, essendogli messo sospetto da molti che, atteso la duplicitá del pontefice e l’odio che, assunto al pontificato, gli aveva continuamente dimostrato, era da dubitare di qualche fraude. Non essere verisimile che il pontefice desiderasse che in lui o ne’ figliuoli pervenisse il reame di Napoli, perché avendo quello regno e il ducato di Milano temerebbe troppo la sua potenza: per certo, tanta benivolenza scopertasi cosí di subito non essere senza misterio. Avvertisse bene alle cose sue dagli inganni, e che credendo acquistare il regno di Napoli non perdesse lo stato di Milano; perché mandando lo esercito a Napoli, sarebbe in potestá del pontefice che aveva seimila svizzeri, intendendosi co’ capitani di Cesare, disfarlo, e disfatto quello, che difesa rimanere a Milano? Né essere da maravigliarsi che il pontefice, avendo tentato che con le forze gli fusse tolto quel ducato, disperato di poterlo ottenere altrimenti, cercasse privarnelo con gli inganni. Queste ragioni commossono il re in modo che, stando dubbio del ratificare e forse aspettando risposta di altre pratiche, non avvisava a Roma cosa alcuna, lasciando sospesi il pontefice e gli imbasciadori suoi. Ma il pontefice, o perché veramente, governandosi con le simulazioni consuete, avesse l’animo alieno dal re o perché, come vidde passati tutti i termini del rispondere, sospettasse di quel che era, e temesse che il re non scoprisse a Cesare le sue pratiche e che tra loro per questo potesse nascere congiunzione in pregiudicio suo, concitato ancora dal desiderio ardente che aveva di ricuperare Parma e Piacenza e di fare qualche cosa memorabile, sdegnato oltre a questo dalla insolenza di Lautrech e del vescovo di Tarba suo ministro, i quali non ammettendo nello stato di Milano