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libro sestodecimo - cap. xvi 353

per ultimo si risolveva, con autoritá di stipularlo in caso che da lui fusse accettato. Contenevasi in essa che Francesco Sforza fusse compreso nella loro confederazione in caso non avesse lesa la maestá di Cesare, ma in caso della sua morte o privazione succedesse nella confederazione il duca di Borbone, investito da lui del ducato di Milano: confermavasi la obligazione fatta dal viceré della restituzione delle terre che teneva il duca di Ferrara, ma con condizione che il pontefice fusse tenuto a concedergli la investitura di Ferrara e rimettergli la pena della contravenzione; cosa contraria ai pensieri del pontefice, che aveva disegnato di esigere la pena de’ centomila ducati, per pagare con questa i centomila promessi a Cesare in caso di quella restituzione: non ammetteva che lo stato di Milano avesse a levare i sali della Chiesa, né di riferirsi, in quanto alle collazioni benefiziali del reame di Napoli, al tenore delle investiture ma allo uso de’ re passati, i quali in molti casi avevano disprezzato le ragioni e l’autoritá della sedia apostolica. E perché col legato era stato trattato che, per levare di Lombardia lo esercito, grave a tutta Italia, si pagassino dal papa e da lui, come re di Napoli, e dagli altri d’Italia, ducati cento cinquantamila, e si conducesse a Napoli o dove, fuora d’Italia, paresse a Cesare, che diceva volerlo fare passare in Barberia, fu aggiunto che, essendo lo esercito creditore di maggiore quantitá che non era allora, fussino ducati dugentomila.

Presentorono il duca di Sessa ed Errera al pontefice la copia di questi capitoli, con protestazione che in potestá loro non era di variarne pure una sillaba; e nondimeno arebbeno facilmente preso forma tutte l’altre difficoltá pure che del ducato di Milano fusse stato disposto in modo che il pontefice e gli altri non avessino causa d’avere sospetto. Ma si considerava che il duca di Borbone era inimico cosí implacabile del re di Francia che, o per sicurtá sua o per cupiditá di entrare in Francia, starebbe sempre soggettissimo a Cesare, né si potrebbe mai sperare che la troppa grandezza sua gli fusse molesta; e che il capitolo di levare lo esercito