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gloriosissimamente la strada al principato de’ cristiani, non ci resterá, se seguiteremo il consiglio suo, altro che danno e infamia. E certo io non veggo nel consiglio suo sicurtá alcuna, anzi pericolo grandissimo, piccolissima utilitá, e quella facile a uscirci di mano, veggola piena di indegnitá e di vergogna; e, per contrario, nell’accordo col re di Francia mi pare che sia grandissima gloria, grandissima utilitá, e sicurtá bastante. Perché io vi dimando, cancelliere: che ragione avete voi, che sicurtá che fede, che gl’italiani, poi che aremo lasciata la ducea di Milano, abbino a osservare l’accordo nostro né si intromettere tra il re di Francia e noi? e non piú presto, poiché aranno abbassato la nostra riputazione, poiché aranno dissoluto quello esercito che è il freno della loro malignitá, poiché saranno sicuri che in Italia non possino venire nuovi tedeschi (perché non sará in Lombardia luogo che gli riceva né dove si possino raccorre), che sicurtá, dico, avete voi che gl’italiani, allora, continuando le sue pratiche, non abbino, col minacciarci il regno di Napoli, che resterá quasi alla loro discrezione, a sforzarci a liberare il re di Francia? Fidatevi voi, cancelliere, nella gratitudine di Francesco Sforza? che dopo tanti benefici vi ha rimeritato, Cesare, con sí scellerato tradimento! che fará ora che vi ha conosciuto desideroso di punire con la giustizia tanta iniquitá, ora che da voi teme la pena, dagli inimici vostri aspetta la salute? Fidatevi voi, cancelliere, della amicizia de’ viniziani, che nascono inimici dello imperio e della casa d’Austria; e tremano ricordandosi che, quasi ieri, Massimiliano vostro avolo tolse loro tante terre di quelle che ora posseggono? Fidatevi voi della bontá di Clemente o della inclinazione sua allo imperadore, col quale il principio della congiunzione di Lione fu, dopo avere tentato contro a noi molte cose, per desiderio di vendicarsi e di assicurarsi de’ franzesi, e per ambizione di occupare Ferrara? Morto Lione, costui, cardinale, inimicato da mezzo il mondo, continuò per necessitá la nostra amicizia; ma fatto papa, ritornato subito al naturale de’ pontefici, che è di temere e di odiare gli imperadori, non ha cosa alcuna