Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro sestodecimo - cap. vii | 299 |
avversitá, augumentato poi continuamente per i progressi de’ capitani cesarei in Italia: i quali, diventati insolentissimi per tanta vittoria, e persuadendosi che alla volontá loro avessino a cedere tutti gli uomini e tutte le difficoltá, perderono l’occasione di concordare i viniziani, contravennono al pontefice nelle cose gli avevano promesse, ed empiendo lui il duca di Milano e tutta Italia di sospetto sparsono i semi di nuove turbazioni; le quali messono finalmente Cesare in necessitá di fare deliberazione precipitosa, con pericolo grandissimo dello stato suo d’Italia, se non avesse potuto piú la sua antica felicitá o il fato malignissimo del pontefice: cose certamente degnissime di particolare notizia, perché di accidenti tanto memorabili si intendino i consigli e i fondamenti; i quali spesso sono occulti, e divulgati il piú delle volte in modo molto lontano da quel che è vero.
VII
Non aveva adunque il pontefice capitolato appena col viceré che sopravennono le offerte grandi di Francia per incitarlo alla guerra; e se bene non gli mancassino allo effetto medesimo i conforti di molti, né gli fusse diminuita la diffidenza che prima aveva degli imperiali, deliberò di procedere in tutte le cose talmente che dalle azioni sue non avessino cagione di prendere sospetto alcuno. Perciò, subito che intese il viceré avere accettato e publicato lo appuntamento fatto in Roma, lo fece ancora egli publicare in San Giovanni Laterano, senza aspettare che prima fusse venuta la ratificazione promessa di Cesare, onorando, per piú efficace dimostrazione