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libro sestodecimo - cap. v 287

però conoscere, sopra tutti gli altri, quanto sia piena di vera gloria una tanta generositá, quanto sia piú officio di Cesare il perdonare e il beneficare che l’acquistare; che non invano Dio gli ha dato quasi miracolosamente la potestá di mettere la pace nel mondo; che a lui si appartiene, dopo tante vittorie, dopo tante grazie che Dio gli ha fatte, dopo il vedere inginocchiato a’ piedi suoi ognuno, procedere non piú come inimico di persona ma provedere come padre comune alla salute di tutti. Piú fece glorioso il nome di Alessandro magno, il nome di Giulio Cesare, la magnanimitá di perdonare agli inimici, di restituire i regni a’ vinti, che tante vittorie e tanti trionfi; lo esempio de’ quali debbe molto piú seguitare chi, non avendo per fine unico la gloria, ancora che sia premio grandissimo, desidera principalmente di fare quel che è il proprio il vero ufficio di ciascuno principe cristiano. Ma consideriamo piú innanzi, per convincere coloro che misurano le cose umane solamente con fini umani, quale deliberazione sia piú conforme ancora a questi. Io certamente giudico che in tutta la grandezza della Maestá vostra non sia la piú maravigliosa la piú degna parte che questa gloria di essere stato insino a oggi invitto, di avere condotto a felicissimo fine, con tanta riputazione con tanta prosperitá, tutte le imprese vostre. Questa è senza dubbio la piú preziosa gioia, il piú singolare tesoro che sia tra tutti i vostri tesori; adunque, come meglio si stabilisce come meglio si assicura come piú certamente si conserva che col posare le guerre con fine sí generoso e sí magnanimo, col levare la gloria acquistata dalla potestá della fortuna, e di mezzo il mare ridurre in sicuro porto questo navilio carico di mercie di inestimabile valore? Ma diciamo piú oltre: non è piú desiderabile quella grandezza che si conserva volontariamente che quella che si mantiene con violenza? Niuno ne dubita, perché è piú stabile piú facile piú piacevole piú onorevole. Se Cesare si obliga il re di Francia con tanta liberalitá, con tanto beneficio, non sará egli sempre padrone di lui e del regno suo? se e’ dá sí manifesta certezza al papa e agli altri príncipi di contentarsi dello stato che ha, né