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ará la facoltá. Debbe adunque essere il fine e la mira vostra la pace universale de’ cristiani, come cosa sopra tutte l’altre onorevole santa e necessaria. La quale vediamo ora in che modo si possa conseguire. Tre sono le deliberazioni che può prendere la Maestá vostra del re di Francia: l’una, di tenerlo perpetuamente prigione; l’altra, di liberarlo amorevolmente e fraternalmente, senza altre convenzioni che quelle che appartenghino a fermare tra voi perpetua pace e amicizia e a sanare i mali della cristianitá; la terza, liberarlo ma cercando di trarne piú profitto che sia possibile: delle quali, se io non mi inganno, l’altre due prolungano e accrescono le guerre, la liberazione amorevole e fraterna è solo quella che le estirpa in eterno. Perché chi può dubitare che il re di Francia, usandosegli tanta generositá, sí singolare liberalitá, non rimanga per tanto beneficio piú legato coll’animo e piú in potestá vostra che non è al presente col corpo? e se tra voi e lui sará vera unione e concordia tutto il resto de’ cristiani andrá a quello cammino che da voi due sará mostrato. Ma il risolversi a tenerlo sempre prigione, oltre che sarebbe pure con infamia troppo grande di crudeltá e segno di animo che non conoscesse la potestá della fortuna, non fa egli nascere guerre di guerre? perché presuppone volere acquistare o tutta o parte della Francia, che senza nuove e grandissime guerre non si può fare. Se si piglia il partito di mezzo, cioè liberarlo ma con piú vantaggiosi patti che si possa, credo che sia il piú implicato il piú pericoloso partito di tutti gli altri; perché, faccisi che parentado che capitoli che obligazioni si voglia, resterá sempre inimico, né gli mancherá mai la compagnia di tutti quegli che temano della grandezza vostra; in modo che ecco nuove guerre, e piú sanguinose e piú pericolose che le passate. Conosco quanto questa opinione sia diversa dal gusto degli uomini, quanto sia nuova e senza esempli; ma si convengono bene a Cesare deliberazioni estraordinarie e singolari. Né è da maravigliarsi che l’animo cesareo sia capacissimo di quello a che i concetti degli altri uomini non arrivano, i quali quanto avanza di degnitá tanto debbe avanzare di magnanimitá; e