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LIBRO SESTODECIMO
I
Essendo adunque, nella giornata fatta nel barco di Pavia, non solo stato rotto dall’esercito cesareo l’esercito franzese ma restato ancora prigione il re cristianissimo e morti o presi appresso al suo re la maggiore parte de’ capitani e della nobiltá di Francia, portatisi cosí vilmente i svizzeri i quali per il passato aveano militato in Italia con tanto nome, il resto dello esercito spogliato degli alloggiamenti non mai fermatosi insino al piede de’ monti, e (quello che maravigliosamente accrebbe la riputazione de’ vincitori) avendo i capitani imperiali acquistato una vittoria sí memorabile con pochissimo sangue de’ suoi, non si potrebbe esprimere quanto restassino attoniti tutti i potentati d’Italia; a’ quali, trovandosi quasi del tutto disarmati, dava grandissimo terrore l’essere restate l’armi cesaree potentissime in campagna, senza alcuno ostacolo degli inimici: dal quale terrore non gli assicurava tanto quel che da molti era divulgato della buona mente di Cesare, e della inclinazione sua alla pace e a non usurpare gli stati di altri, quanto gli spaventava il considerare essere pericolosissimo che egli, mosso o da ambizione, che suole essere naturale a