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libro quintodecimodecimo - cap. vi 211

subito che fu eletto, perdonato e ricevuto in grazia il cardinale di Volterra con tutti i suoi: il quale cardinale benché Adriano avesse, negli ultimi dí della vita, dichiarato inabile a intervenire nel conclave, vi era entrato per concessione del collegio, e stato insino all’estremo pertinace perché Giulio non fusse eletto.

Grandissima certamente per tutto il mondo era l’estimazione del nuovo pontefice; però la tarditá della elezione, maggiore che giá fusse accaduto lunghissimo tempo, pareva ricompensata con l’avere posto in quella sedia una persona di somma autoritá e valore; perché aveva congiunta ad arbitrio suo la potenza dello stato di Firenze alla potenza grandissima della Chiesa, perché aveva tanti anni a tempo di Lione governato quasi tutto il pontificato, perché era riputato persona grave e costante nelle sue deliberazioni, e perché, essendo state attribuite a lui molte cose che erano procedute da Lione, ciascuno affermava esso essere uomo pieno di ambizione, di animo grande e inquieto e desiderosissimo di cose nuove; alle quali parti aggiugnendosi lo essere alieno dai piaceri e assiduo alle faccende, non era alcuno che non aspettasse da lui fatti estraordinari e grandissimi. La elezione sua ridusse subito in somma sicurtá lo stato della Chiesa. Perché il duca di Ferrara, spaventato che in quella sedia fusse asceso un tale pontefice, né sperando piú di ottenere Modena per la venuta del viceré di Napoli, meno sperando ne’ franzesi, i quali prima per mezzo di Teodoro da Triulzi venuto nel campo suo gli facevano, perché aderisse a loro, grandissime offerte, lasciata sufficiente custodia in Reggio e in Rubiera, ritornò a Ferrara. Quietoronsi similmente le cose della Romagna; ove, sotto nome di opprimere la fazione inimica ma in veritá stimolato da’ franzesi, era col seguito de’ guelfi entrato Giovanni da Sassatello, scacciatone nel pontificato di Adriano per la potenza de’ ghibellini.

Ma diviso che fu l’esercito franzese tra Biagrassa e Rosa, l’ammiraglio, appresso al quale non erano rimasti piú che quattromila svizzeri, licenziò come inutili i fanti del Delfinato