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con intenzione di fermarsi in Milano; nella quale cittá, quando bene non fussino venuti i seimila tedeschi, sperava potersi sostenere per qualche mese: e pensando alla difensione dell’altre terre, aveva mandato in Novara Filippo Torniello, in Alessandria Monsignorino Visconte, l’uno con dumila l’altro con mille cinquecento fanti italiani, i quali per non essere pagati si sostentavano colle sostanze de’ popoli; a Pavia Antonio da Leva con dumila fanti tedeschi e mille italiani; e con lui rimanevano in Milano settecento uomini d’arme settecento cavalli leggieri e dodicimila fanti. Restava il pericolo imminente che i franzesi non entrassino per il castello in Milano. Al quale pericolo per provedere, e per privargli con un fatto medesimo della facoltá di mettere nel castello vettovaglie o altre provisioni, fece, con invenzione celebrata sommamente e quasi a’ giudici degli uomini maravigliosa, lavorare fuora del castello, tra le porte che vanno a Vercelli e a Como, due trincee, alzando a ciascuna, della terra che si cavava da’ quelle, uno argine; la lunghezza de’ quali, distanti l’uno dall’altro circa venti passi, si distendeva circa un miglio, tanto quanto era il traverso del giardino dietro al castello tra le due strade predette; e a ciascuna delle teste delle trincee uno cavaliere molto alto e munito, per potere, con l’artiglierie che si piantassino sopra quegli, danneggiare gli inimici se si accostassino da quella parte: le quali trincee e ripari, difese da fanti alloggiati in mezzo di quelle, impedivano in uno tempo medesimo che nel castello non potesse entrare soccorso alcuno e che niuno degli assediati potesse uscirne. La quale invenzione dovere essere non meno felice che ingegnosa dimostrò nel principio, con lieto augurio, la fortuna, concedendo che senza danno alcuno si potesse mettere in esecuzione; perché essendo caduta in terra una neve grandissima, Prospero, usando il beneficio del cielo, fece innanzi dí lavorare di neve due argini, alla similitudine de’ quali voleva si facessino i ripari, da’ quali rimanevano sicuri i lavoranti di non potere essere offesi dall’artiglierie che erano nel castello: le quali opere che si conducessino a perfezione dette comoditá maggiore lo impedimento