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libro quartodecimo - cap. xiii 151

con la medesima celeritá a Trento, per menare Francesco Sforza e gli altri fanti a Milano. Nella quale cittá si attendeva, oltre all’altre provisioni, con grande studio ad accrescere l’odio del popolo, che era grandissimo, contro a’ franzesi, acciò che e’ fussino piú pronti alla difesa e a soccorrere co’ danari propri le publiche necessitá; cosa molto aiutata, con lettere finte con imbasciate false e con molte arti e invenzioni, dalla diligenza e astuzia del Morone. Ma giovorono anche, piú che non si potrebbe credere, le predicazioni di Andrea Barbato frate dell’ordine di Santo Agostino; il quale, predicando con grandissimo concorso del popolo, gli confortava efficacissimamente alla propria difesa e a conservare la patria loro libera dal giogo de’ barbari inimicissimi di quella cittá, poiché da Dio era stato conceduto loro facoltá di liberarsene. Allegava lo esempio di Parma, piccola e debole cittá a comparazione di Milano; ricordava gli esempli de’ loro maggiori, il nome de’ quali era stato glorioso in tutta Italia; quello che gli uomini erano debitori alla conservazione della patria, per la quale se i gentili, che non aspettavano altro premio che della gloria, si mettevano volontariamente alla morte, che dovevano fare i cristiani, a’ quali morendo in sí santa opera era oltre alla gloria del mondo proposta per premio vita immortale nel regno celeste? Considerassino che eccidio porterebbe a quella cittá la vittoria de’ franzesi, i quali se prima, senza alcuna cagione, erano stati tanto acerbi e molesti loro, che sarebbono ora che si reputavano sí gravemente offesi e ingiuriati? Non potere saziare la crudeltá e l’odio immenso alcuni supplíci del popolo milanese, non empiere l’avarizia tutte le facoltá di quella cittá, non avere a stare mai contenti se non spegnessino in tutto il nome e la memoria de’ milanesi, se con orribile esempio non avanzassino la fiera immanitá di Federigo Barbarossa. Donde, tanto immoderatamente era augumentato l’odio de’ milanesi, tanto lo spavento della vittoria de’ franzesi, che giá fusse necessario attendere piú a temperargli che a provocargli.

Attendeva in questo mezzo Prospero con grandissima diligenza a riordinare e instaurare i bastioni e i ripari de’ fossi,