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libro quartodecimo - cap. xiii | 149 |
colore di non volere opporsi alla volontá del collegio, ed entrorno nel Montefeltro, che tutto, eccetto San Leo e la rocca di Maiuolo, era ritornato alla obbedienza del duca di Urbino; il quale avendo facilmente ricuperato, si posorono l’armi, come per tacita convenzione, da quella parte, perché il duca non era potente a continuare la guerra co’ fiorentini né essi aveano cagione, né per comodo proprio né per sodisfare ad altri, di molestarlo: perché il collegio, nel quale potevano piú gli avversari del cardinale de’ Medici, avea nel tempo medesimo convenuto con lui, per insino a tanto venisse in Italia il pontefice e piú oltre a suo beneplacito, ritenesse lo stato ricuperato, non molestasse né i fiorentini né i sanesi, né andasse agli stipendi né altrimenti in aiuto di principe alcuno.
XIII
Erano insino a ora procedute quietamente le cose di Lombardia, mancando all’una delle parti le genti all’altra i danari, e però non volendo i soldati imperiali, non pagati, partirsi da’ loro alloggiamenti. Solamente fu mandato alla espugnazione di Alessandria, con la compagnia sua e con altri soldati e sudditi del ducato di Milano, Giovanni da Sassatello; il quale nel principio della guerra, avendo permutato il bene certo con le speranze incerte, partito dal soldo de’ viniziani si era condotto col duca di Milano, esule ancora del suo stato: dove essendosi accostato, la temeritá de’ guelfi alessandrini, da’ quali era difesa la terra piú che da’ soldati franzesi, fece facile quel che da tutti si riputava difficile; perché non potendo sostenere gli inimici co’ quali erano usciti a scaramucciare, dettono loro occasione di entrare alla mescolata nella cittá, la