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vicino agli inimici. Né si faceva questo con intenzione di combattere, se non con leggiere scaramuccie, con loro ma per impedirgli che non vagassino per il paese liberamente se si determinassero a fare impresa alcuna; perché il consiglio del pontefice era che, ove non gli tirasse la speranza quasi certa della vittoria, non si facesse battaglia giudicata con gli inimici, conoscendo pericoloso il combattere con soldati valorosi e, per essere ineguale il premio della prosperitá, facili ad avventurarsi; dannosissimo l’essere vinto il suo esercito, perché si metteva in pericolo manifesto lo stato della Chiesa e de’ fiorentini; e sicuro il temporeggiare attendendo a difendersi, potendosi con evidenti ragioni sperare che il mancamento de’ danari e delle vettovaglie, in paese tanto sterile, avesse a disordinargli, né meno perché l’esercito suo, per l’esperienza e perché di mese in mese si empieva di soldati piú eletti, diventava migliore, e perché sperava doversi augumentare di dí in dí le cose sue.


II

Lamentele del pontefice coi príncipi e richieste di aiuti. Risposte diverse dei príncipi al pontefice, e nuova convenzione di questo col re di Francia. Patti stabiliti nella convenzione.

Conciossiaché, nel principio di questo movimento, procurando di aiutarsi eziandio con l’autoritá pontificale, avesse istantemente dimandato aiuto da tutti i príncipi, querelandosi con gli oratori loro che erano in Roma e, per brevi apostolici e per messi, co’ príncipi medesimi. Ma [non] con tutti nel modo medesimo: perché significando a Cesare e al re di Spagna la cospirazione fatta da Francesco Maria dalla Rovere e da’ fanti spagnuoli, nel campo del re di Francia e in su gli occhi del suo luogotenente, inserí ne’ brevi tali parole che si poteva comprendere avere non piccola dubitazione che queste cose fussino state ordinate con saputa di quel re; ma col re cristianissimo, dimostrando qualche sospetto di Lautrech, non passorno piú oltre le sue querele.