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una parte dell’esercito, non è dubbio che gli opprimeva; ma poiché per piú ore fu stato sospeso di quello dovesse fare, mandò lo Scudo con [quattro]cento lancie e co’ fanti franzesi e, dietro, alcuni pezzi d’artiglieria: i quali, camminando con celeritá, cominciorno vigorosamente a combattere il luogo dove si erano ritirati gli inimici, nel tempo medesimo che in su l’altra riva compariva la gente che veniva al soccorso; per la speranza del quale si difendevano costantemente, ancora che lo Scudo, smontato a piede con tutti gli uomini d’arme, combattesse ferocemente nello stretto delle vie: né si dubita che se a tempo fussino arrivate l’artiglierie gli arebbono espugnati. Ma giá dall’altra ripa sollecitavano continuamente di passare, secondo che comportava la capacitá delle barche, Tegane capitano de’ grigioni e due bandiere di fanti spagnuoli, mosse da’ conforti del cardinale de’ Medici e de’ capitani. Ma senza conforto di alcuno, stimolato dalla propria magnanimitá e sete grandissima della gloria, passò Giovanni de’ Medici, portato da uno cavallo turco, per la profonditá dell’acqua notando insino all’altra ripa; dando nel tempo medesimo terrore agli inimici e conforto agli amici. Finalmente lo Scudo, ancora che nello istante medesimo arrivassino le artiglierie, disperato della vittoria, perduta una bandiera, si ritirò a Cassano: donde Lautrech ridusse tutto l’esercito a Milano. Dove arrivato, o per non perdere l’occasione di saziare l’odio prima conceputo o per mettere con l’acerbitá di questo spettacolo terrore negli animi degli uomini, fece decapitare publicamente Cristofano Palavicino: spettacolo miserabile, per la nobiltá della casa e per la grandezza della persona e per la etá, e per averlo messo in carcere molti mesi innanzi alla guerra.