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libro quartodecimo - cap. vi 113

cipali fuorusciti di quella cittá; per il quale di alcuni cremonesi che ne erano consci fu preso il debito supplicio. Né so quale in questo tempo [fusse] maggiore, o la mala fortuna o la temeritá e imprudenza de’ fuorusciti del ducato di Milano, de’ quali numero grandissimo seguitava l’esercito; perché non solamente tutte le cose tentate da loro riuscivano infelicemente ma, intenti a predare tutto il paese, difficultavano il venire delle vettovaglie: non ricompensando questi mali (io eccettuo sempre il Morone) con alcuna diligenza o intelligenza di spie. Anzi, avendo molto prima Prospero mandatigli verso Piacenza, poi che ebbono fatti danni grandissimi agli amici e agli inimici, venuti tra loro medesimi a quistione nel dividere la preda, fu da Estor Visconte e alcuni altri ammazzato Piero Scotto piacentino, uno de’ principali.

Tentò Prospero, in questo tempo medesimo, di abbruciare le barche del ponte de’ franzesi ridotte con poca guardia appresso a Cremona, per avere tanto maggiore spazio a procedere piú innanzi, mentre che Lautrech raccoglieva le barche necessarie a rifare il ponte; ma la lunghezza del cammino fu cagione che Giovanni de’ Medici, mandato a questa fazione con dugento cavalli leggieri e trecento fanti spagnuoli, non vi potette giugnere se non passata la notte: onde i nocchieri, sentito il romore levato da’ paesani, ritirorno le barche in mezzo al Po, sicuri di non essere offesi dagli inimici fermatisi in sulla riva.

Finalmente, preparate tutte le cose necessarie a passare il Po, l’esercito andò a Bresselle, ove era gittato il ponte fatto con le barche; nel qual luogo si dice il letto del fiume essere piú largo che in alcuno altro. Ma innanzi passasse, essendo a’ pensieri di offendere altri congiunta la necessitá di pensare a difendere sé proprio, fu mandato alla cura delle terre della Chiesa che rimanevano indietro Vitello Vitelli, con cento cinquanta uomini d’arme e altrettanti cavalli leggieri e con dumila fanti dell’ordinanze de’ fiorentini: dove similmente andò il vescovo di Pistoia coi duemila svizzeri, perché non pareva sicuro menargli contro a’ franzesi co’ quali militavano tanti