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che credettono che si fusse proceduto sinceramente; né avergli mosso altro che il timore dello essersi approssimato Lautrech, ingannati in grande parte perché i primi avvisi significorono le forze sue essere molto maggiori. Certo è che piú che gli altri se ne maravigliorno i capitani de’ franzesi, ridotti in piccola speranza che Parma si difendesse; perché i svizzeri, regolandosi piú secondo la loro natura che secondo la necessitá di quegli che gli pagavano, procedevano innanzi con grandissima tarditá. Perciò molti di loro, non attribuendo la partita degli inimici a timore, interpretavano piú presto che Prospero come peritissimo capitano, sapendo in quanto disordine mette gli eserciti il sacco delle cittá e reputando molto difficile il proibire che i soldati non saccheggiassino Parma, giudicasse molto pericoloso, avendo gli inimici tanto vicini, il pigliarla. Quello che si sia, Lautrech, proveduta Parma di nuove genti, fermatosi a Fontanella, mandò tre dí poi una parte dello esercito a pigliare Roccabianca, castello del parmigiano vicino al Po; il quale poiché fu battuto con l’artiglierie, Orlando Palavicino signore del luogo, disperato di avere soccorso, arrendé la terra e la fortezza con facoltá di uscirsene. Distese poi l’esercito tra San Secondo e il Taro, per governarsi secondo i progressi degli inimici; avendo preso molto animo, parte per la difesa di Parma parte per essere i nuovi svizzeri arrivati a Cremona: la giunta de’ quali, ancora che Lautrech gli avesse fatto fermare a Cremona, fu cagione che lo esercito inimico, non gli parendo stare sicuro a San Lazzero, si ritirò in su il fiume di Lenza dalla parte di verso Reggio, con intenzione di allontanarsi ancora piú se i franzesi si facessino innanzi. Anzi arebbono i capitani, senza aspettargli altrimenti, fatto maggiore ritirata se le querele del pontefice e degli agenti di Cesare, e la infamia che sentivano avere per tutto lo esercito, non gli avesse ritenuti. Stettono in questo modo molti dí gli eserciti, facendo nondimeno Lautrech molto spesso correre i suoi cavalli e quegli che erano in Parma, per la via della montagna, insino a Reggio, con non piccolo impedimento delle vettovaglie le quali da Reggio si conducevano agli inimici,