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libro quartodecimo - cap. iv 95

essere necessarie maggiori forze, stette sette dí in quello alloggiamento; nel quale tempo si congiunsono con l’esercito [quattro]cento lancie spagnuole guidate da Antonio de Leva, che venivano del reame di Napoli, e il marchese di Mantova con parte delle sue genti: non si alterando perciò, per la venuta del marchese capitano generale di tutte le genti della Chiesa, l’autoritá di Prospero Colonna, nella persona del quale, per volontá del pontefice e di Cesare, risedeva, benché senza alcuno titolo, il governo di tutto l’esercito; anzi la potestá suprema di comandare a tutte le genti della Chiesa, e al marchese di Mantova nominatamente, era in Francesco Guicciardini che aveva il nome di commissario generale dello esercito ma, sopra il consueto de’ commissari, con grandissima autoritá. Condusse di poi Prospero l’esercito a San Lazzero, un miglio appresso a Parma, in sulla strada che va a Reggio, con deliberazione di non procedere piú oltre insino a tanto non venisse il marchese di Pescara, il quale si aspettava del regno con [tre]cento lancie e duemila fanti spagnuoli, e insino non venivano i fanti tedeschi: nel qual tempo non si faceva a’ parmigiani altra molestia che ingegnarsi, col divertire l’acque e rompere i mulini, che avessino difficoltá di macinare.

Ma l’espettazione degli uomini era volta alla venuta de’ tedeschi, contro a’ quali per impedire che non passassino mandavano i viniziani nel veronese, a instanza de’ franzesi, parte delle loro genti: perché, venuti a [Spruch], dimandavano volere ricevere lo stipendio del primo mese a Trento, e di essere, alle radici della montagna di Monte Baldo, onde dicevano volere passare, incontrati da qualche numero di cavalli, per potere con la compagnia loro passare innanzi piú sicuramente. Però Prospero aveva mandato a Mantova dugento cavalli leggieri, perché congiunti con dumila fanti comandati del territorio mantovano e con l’artiglierie del marchese, il quale, in tutte le cose, per gratificare al pontefice e a Cesare, procedeva come in causa propria, non come soldato, si facessino innanzi. Piú difficile era il pagargli a Trento, perché numerandosi [i danari] eziandio per la parte di Cesare, dal pontefice,