Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/67


libro nono - cap. xii 61

di questa sua disposizione niuno essere migliore testimonio del re di Francia, per quello che insieme ne avevano ragionato a Savona; ma i tempi essere molto contrari, perché il fondamento de’ concili era la pace e la concordia tra i cristiani, non potendosi senza l’unione delle volontá convenire cosa alcuna in beneficio comune, né essere degno di laude cominciare il concilio in tempo e in maniera che e’ paresse cominciarsi piú per sdegno e per vendetta che per zelo o dell’onore di Dio o dello stato salutifero della republica cristiana. Diceva oltre a questo separatamente agli oratori di Cesare, parergli grave aiutarlo a conservare le terre perché dipoi per danari le concedesse al re di Francia, significando espressamente di Verona. Intesa adunque per questa risposta la intenzione del re cattolico, non tardorno piú, Gurgense da una parte in nome di Cesare e il re di Francia dall’altra, di fare nuova confederazione; riserbata facoltá al pontefice di entrarvi infra due mesi prossimi, e al re cattolico e al re d’Ungheria infra quattro. Obligossi il re di pagare a Cesare (fondamento necessario alle convenzioni che si facevano con lui), parte di presente parte in tempi, centomila ducati: promesse Cesare di passare alla primavera in Italia con tremila cavalli e diecimila fanti contro a’ viniziani; nel quale caso il re fusse obligato a spese proprie mandargli mille dugento lancie e ottomila fanti con provedimento sufficiente d’artiglierie, e per mare due galee sottili e quattro bastarde: osservassino la lega fatta a Cambrai, e ricercassino in nome comune alla osservanza del medesimo il pontefice e il re cattolico; e se il pontefice facesse difficoltá per le cose di Ferrara fusse il re tenuto a stare contento a quello che fusse consentaneo alla ragione, ma in caso denegasse la richiesta loro si proseguisse il concilio; per il quale Cesare dovesse congregare i prelati di Germania, come aveva il re di Francia fatto de’ prelati suoi, per procedere piú innanzi secondo che fusse poi deliberato da loro. Non si trattò in questa convenzione de’ danari prestati dal re a Cesare né dell’obligazione acquistata sopra Verona, ma si credeva il re avesse rimosso l’animo dallo appropriarsela, sapendo quanto