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non arebbe riputato premio degno di tante fatiche la restituzione de’ suoi come privati cittadini; considerava al presente di piú che né anche questo sarebbe cosa durabile, perché insieme col nome suo sarebbono in sommo odio di tutti per il sospetto che continuamente stimolerebbe gli altri cittadini che essi non insidiassino alla libertá, e molto piú per lo sdegno che avessino condotto l’esercito spagnuolo contro alla patria, stati cagione del sacco crudelissimo di Prato, e che per il terrore dell’armi la cittá fusse stata costretta a ricevere cosí indegne e inique condizioni. Stimolavanlo al medesimo coloro che prima erano congiurati seco, e alcuni altri che nella republica bene ordinata non aveano luogo onorato. Ma era necessario il consentimento del viceré; il quale, aspettando il primo pagamento, che per le condizioni della cittá si espediva difficilmente, soggiornava ancora in Prato, né aveva, quale si fusse la cagione, l’animo inclinato che nella cittá si facesse nuova alterazione. Nondimeno, dimostrandogli il cardinale, e procurando che il marchese della Palude e Andrea Caraffa conte di Santa Severina, condottieri nell’esercito, [facessino il medesimo], alla cittá, che avea ricevuta tanta offesa, non potere piú essere se non odiosissimo il nome spagnuolo, e che in qualunque occasione aderirebbe sempre agli inimici del re cattolico, anzi essere pericolo che, come si discostasse l’esercito, non richiamasse il gonfaloniere, il quale sforzata aveva cacciato, movendolo anche il provedersi con tanta difficoltá a’ danari promessi, i quali se fussino stati piú pronti arebbe fatto maggiore fondamento nel governo libero, consentí al desiderio del cardinale: il quale, composte le cose con lui, venne subito in Firenze alle case sue; ove, parte con lui parte separatamente, entrorno molti condottieri e soldati italiani, non avendo i magistrati, per la vicinitá degli spagnuoli, ardire di proibire che non vi entrassino. Dipoi il dí seguente, essendo congregato nel palagio publico per le cose occorrenti un consiglio di molti cittadini, al quale era presente Giuliano de’ Medici, i soldati, assaltata all’improviso la porta e poi salite le scale, occuporono il palagio, depredando gli argenti che vi