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libro nono - cap. iv 17

cominciò da l’una parte e l’altra del fiume a percuotere il bastione fatto in su l’argine alla punta della terra, dalla banda di sopra; ed essendone giá abbattuta una parte, ancora che quegli di dentro non omettessino di riparare sollecitamente, la notte seguente il proveditore viniziano, avendo maggiore timore delle offese degli inimici che speranza nella difesa de’ suoi, si ritirò improvisamente con alcuni gentiluomini viniziani nella rocca: la ritirata del quale intesasi come fu dí, il capitano de’ fanti che era nel bastione si arrendé a Molardo, salvo l’avere e le persone; e nondimeno, uscitone, fu co’ fanti svaligiato da quegli del campo. Preso il bastione, fu da Molardo saccheggiata la terra; e i fanti che erano a guardia d’uno bastione fabricato in su l’altra punta della terra se ne fuggirono per quegli paludi, lasciate l’armi all’entrare dell’acque: e cosí, per la viltá di quegli che vi erano dentro, riuscí piú facile e piú presto che non si era stimato l’acquisto di Lignago. Né fece maggiore resistenza il castello che avesse fatto la terra; perché essendo il dí seguente levate con l’artiglieria le difese, e cominciato a tagliare da basso co’ picconi uno cantone d’uno torrione, con intenzione di dargli poi fuoco, si arrenderono: con patto che, rimanendo i gentiluomini viniziani in potestá di Ciamonte, i soldati lasciate l’armi se ne andassino salvi in giubbone. Mescolò la fortuna nella vittoria con amaro fiele l’allegrezza di Ciamonte, perché quivi ebbe avviso della morte del cardinale di Roano suo zio, per l’autoritá somma del quale appresso al re di Francia esaltato a grandissime ricchezze e onori sperava continuamente cose maggiori. In Lignago, per essere i tedeschi impotenti a mettervi gente, lasciò Ciamonte a guardia cento lancie e mille fanti; e avendo dipoi licenziato i fanti grigioni e vallesi, si preparava per ritornare col rimanente dello esercito nel ducato di Milano per comandamento del re, inclinato a non continuare piú in tanta spesa, dalla quale, per non corrispondere alle deliberazioni prima fatte le provisioni dalla parte di Cesare, non risultava effetto alcuno importante. Ma gli comandò poi il re che ancora soprasedesse per tutto giugno,