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libro decimo - cap. xiii 185

senza resistenza alcuna insino a Roma; ove le ricchezze smisurate di quella scelerata corte, estratte per tanti secoli dalle viscere de’ cristiani, saranno saccheggiate da voi: tanti ornamenti superbissimi tanti argenti tanto oro tante gioie tanti ricchissimi prigioni che tutto il mondo ará invidia alla sorte vostra. Da Roma, colla medesima facilitá, correremo insino a Napoli, vendicandoci di tante ingiurie ricevute. La quale felicitá io non so immaginarmi cosa alcuna che sia per impedircela, quando io considero la vostra virtú la vostra fortuna l’onorate vittorie che avete avute in pochi dí, quando io riguardo i volti vostri, quando io mi ricordo che pochissimi sono di voi che innanzi agli occhi miei non abbino con qualche egregio fatto data testimonianza del suo valore. Sono gli inimici nostri quegli medesimi spagnuoli che per la giunta nostra si fuggirono vituperosamente di notte da Bologna; sono quegli medesimi che, pochi dí sono, non altrimenti che col fuggirsi alle mura d’Imola e di Faenza o ne’ luoghi montuosi e difficili, si salvorono da noi. Non combatté mai questa nazione nel regno di Napoli con gli eserciti nostri in luogo aperto ed eguale ma con vantaggio sempre o di ripari o di fiumi o di fossi, non confidatisi mai nella virtú ma nella fraude e nelle insidie. Benché, questi non sono quegli spagnuoli inveterati nelle guerre napoletane ma gente nuova e inesperta, e che non combatté mai contro ad altre armi che contro agli archi e le freccie e le lancie spuntate de’ mori; e nondimeno rotti con tanta infamia, da quella gente debole di corpo timida d’animo disarmata e ignara di tutte l’arti della guerra, l’anno passato, all’Isola delle Gerbe; dove fuggendo questo medesimo Pietro Navarra, capitano appresso a loro di tanta fama, fu esempio memorabile a tutto il mondo che differenza sia a fare battere le mura con l’impeto della polvere e con le cave fatte nascosamente sotto terra a combattere con la vera animositá e fortezza. Stanno ora rinchiusi dietro a uno fosso fatto con grandissima paura questa notte, coperti i fanti dall’argine e confidatisi nelle carrette armate come se la battaglia si avesse a fare con questi instrumenti puerili e non con