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libro decimo - cap. xii 181

pedivano l’entrarvi quelle che venivano da Ferrara in su legni ferraresi, le quali condurre per terra in su le carra era difficile e pericoloso. Era oltre a questo molto incomodo e con pericolo l’andare a saccomanno, perché erano necessitati discostarsi sette o otto miglia dal campo. Dalle quali cagioni astretto Fois deliberò dare il dí medesimo la battaglia, ancora che conoscesse che era molto difficile l’entrarvi, perché del muro battuto non era rovinata piú che la lunghezza di trenta braccia né per quello si poteva entrare se non con le scale, conciossiaché fusse rimasta l’altezza da terra poco meno di tre braccia: le quali difficoltá per superare con la virtú e con l’ordine, e per accendergli con l’emulazione tra loro medesimi, partí in tre squadroni distinti l’uno dall’altro i fanti tedeschi italiani e franzesi, ed eletti di ciascuna compagnia di gente d’arme dieci de’ piú valorosi, impose loro che coperti dalle medesime armi colle quali combattono a cavallo andassino a piede innanzi a’ fanti; i quali accostatisi al muro dettono l’assalto molto terribile, difendendosi egregiamente quegli di dentro, con laude grande di Marcantonio Colonna, il quale non perdonando né a fatica né a pericolo soccorreva ora qua ora lá secondo che piú era di bisogno. Finalmente i franzesi, perduta la speranza di spuntare gli inimici, e percossi con grave danno per fianco da una colubrina piantata in su uno bastione, avendo combattuto per spazio di tre ore, si ritirorno agli alloggiamenti, perduti circa trecento fanti e alcuni uomini d’arme e feritine quantitá non minore, e tra gli altri Ciattiglione e Spinosa capitano dell’artiglierie, i quali percossi dall’artiglierie di dentro pochi dí poi morirono. Fu ancora ferito Federigo da Bozzole ma leggiermente.