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libro nono - cap. xviii | 99 |
era stato giá parere di qualcuno de’ capitani di domandarla; ma il Triulzio, giudicando essere alieno dalla utilitá del re il credersi che egli volesse insignorirsi di Bologna, l’aveva contradetto.
Ricuperò con l’occasione di questa vittoria il duca di Ferrara, oltre a Cento e la Pieve, Cutignuola, Lugo e l’altre terre di Romagna; e nel tempo medesimo cacciò Alberto Pio di Carpi, il [quale] lo possedeva con lui comunemente.
XVIII
Ricevette della perdita di Bologna grandissima molestia, come era conveniente, il pontefice; affliggendolo non solamente l’essere alienata da sé la principale e piú importante cittá, eccettuata Roma, di tutto lo stato ecclesiastico, e il parergli essere privato di quella gloria che, grande appresso agli uomini e nel concetto suo massimamente, gli aveva data l’acquistarla, ma, oltre a questo, per il timore che l’esercito vincitore non seguitasse la vittoria al quale conoscendo non potere resistere, e desideroso di rimuovere l’occasioni che lo invitassino a passare piú innanzi, sollecitava che le reliquie de’ soldati viniziani, richiamate giá dal senato, si imbarcassino al Porto Cesenatico; e per la medesima cagione commesse gli fussino restituiti i ventimila ducati i quali, mandati prima a Vinegia per fare muovere i svizzeri, si ritrovavano ancora in quella cittá. Ordinò ancora che il cardinale di Nantes di nazione brettone invitasse, come da sé, il Triulzio alla pace, dimostrando essere al presente il tempo opportuno a trattarla; il quale rispose, non convenire il procedere con questa generalitá ma essere necessario venire espressamente alle particolaritá: avere il re quando desiderava la pace, proposto